Il contatore nella banca online si è aggiornato: il prestito è stato completamente estinto. Vera ha ricaricato la pagina più volte per assicurarsi che non fosse un errore o un bug. No, è davvero estinto! Per la prima volta in un anno e mezzo, Vera ha tirato un sospiro di sollievo.
Tutto è iniziato con una telefonata inaspettata di sua madre. Suo padre era svenuto al lavoro, la diagnosi era stata “stato pre-ictus”. Cure, riabilitazione, medicine. Vera, unica figlia, non poteva abbandonare i genitori in difficoltà. Ha dovuto chiedere un prestito, prima piccolo, poi un altro più consistente. E subito sono sopraggiunte complicazioni impreviste, trattamenti aggiuntivi.
Per tutto l’anno Vera è stata come una trottola impazzita. Ha accettato qualsiasi lavoretto e ha risparmiato su tutto: vestiti di seconda mano, zero caffè al bar o ristoranti, cibo al minimo indispensabile. Perfino lo shampoo era il più economico.
Non ha detto niente ai genitori delle sue difficoltà – già avevano problemi propri. E suo marito… sembrava vivere in un mondo parallelo.
Oleg non era mai stato particolarmente pratico. Lavorava in un’azienda IT e guadagnava bene, ma i soldi gli sfuggivano di mano: un nuovo gadget, videogiochi, un regalo per sua madre. Alle difficoltà finanziarie di Vera reagiva con distacco: «Sono affari tuoi, sono i tuoi genitori».
Vera non discuteva. Pagava tutto da sola: le rate del prestito, le medicine per suo padre, le spese quotidiane. Rimaneva pochissimo per sé. L’ultima volta che si era concessa qualcosa di nuovo doveva risalire a un anno e mezzo fa, quando aveva comprato un maglione in saldo.
Nella loro casa Vera si sentiva un’ospite di passaggio. Le decisioni quotidiane le prendeva Oleg – era l’appartamento dei suoi genitori, ereditato dalla nonna.
«Ho vissuto qui, so io come va fatto», diceva Oleg quando Vera osava proporre di spostare un mobile o cambiare qualcosa.
C’era poi la suocera, Natalia Sergeevna. Una donna autoritaria, abituata a imporre il suo punto di vista. Non abitava con loro, ma veniva regolarmente a controllare «come stava il suo Oleg». E ogni volta trovava qualcosa di cui lamentarsi.
«Vera, la camicia di tuo marito non è stirata. Qui c’è polvere su quella mensola. E la zuppa è troppo salata», osservava Natalia Sergeevna come se cercasse difetti apposta.
Vera sopportava. Lavorava, pagava il prestito, si prendeva cura dei genitori, cercava di tenere in ordine la casa. Oleg sembrava non accorgersi di nulla. Tornava, giocava al computer e andava a dormire. Nei fine settimana usciva con gli amici o andava a casa di sua madre ad aiutarla nei lavori domestici.
«Ascolta, perché non usciamo insieme il prossimo venerdì?», propose un giorno Vera. «Solo noi due, è da tanto che non facciamo niente insieme».
«Non posso», scosse la testa Oleg. «Io e i ragazzi andiamo a fare bowling. Magari un’altra volta».
Quella “altra volta” arrivava poco spesso. E dopo le visite di Oleg da sua madre iniziavano sempre le recriminazioni:
«Mamma dice che non vai a trovarla mai. È irrispettoso».
«Oleg, non ho tempo», rispondeva Vera. «Lavoro, mi prendo cura di papà, pago i prestiti…»
«Tutti hanno problemi», rispondeva lui scrollando le spalle. «Ma una madre non si abbandona».
Vera non spiegava che prendersi cura di sua suocera non era certo tra le sue priorità. Natalia Sergeevna stava bene, aveva una pensione, un piccolo lavoro e se la cavava benissimo da sola. Ma adorava ricevere attenzioni, soprattutto dal figlio.
Oggi, per la prima volta dopo mesi, Vera sentiva un peso sollevarsi. Prestito estinto! Ora poteva respirare un po’, magari mettere da parte qualcosa per una mini-vacanza. Stare cinque giorni in riva al mare – senza corse folli e senza contare ogni centesimo.
Quella fragile, ma pur sempre dolce vittoria le scaldava il cuore. Vera si concesse persino una piccola gioia: comprò un buon caffè in grani e radice di zenzero macinata per il tè. Piccole cose, ma che allegria!
Oleg, tornando dal lavoro, non reagì al fatto del prestito estinto. Borbottò un “finalmente” e si immerse di nuovo nel suo smartphone. Un’ora dopo gli arrivò un messaggio a sorpresa:
«Domani non pensi di passare da mia madre? Sta da sola…»
«Non credo», scosse la testa Vera. «Pensavo di andare dai miei genitori».
«Fai come vuoi», rispose Oleg con indifferenza. «È solo che mamma si sente sola».
Quelle frasi sull’“essere soli” Natalia Sergeevna le ripeteva con regolarità invidiabile. Soprattutto quando le serviva qualcosa.
Verso le otto di sera squillò il telefono. Vedendo comparire il nome di sua suocera, Vera sospirò, ma rispose.
«Ciao Vera, come stai, cara? Come va la salute?», domandò con tono insolito di tenerezza Natalia Sergeevna.
«Tutto bene, Natalia Sergeevna», rispose Vera, sorpresa da tanta cordialità. «Voleva dirmi qualcosa?»
«Niente di particolare», proseguì la suocera. «Sai com’è per noi anziani: gambe doloranti, mal di schiena. Ho fissato delle sedute dal cosmetologo, dicono che aiutino contro i dolori articolari. Ma serve un acconto e la pensione arriva fra una settimana».
«E che sedute sarebbero?», chiese Vera con cautela.
«Degli iniettini speciali», rispose vaga Natalia Sergeevna. «Mille rubli each. Ti restituirò tutto appena prendo la pensione. Sai, la salute è importante».
Vera sapeva benissimo che quei “punturini dal cosmetologo” non alleviavano certo i dolori articolari. Sembrava più un capriccio per sembrare più giovane.
«Mi dispiace, Natalia Sergeevna, ma ora non posso», rispose Vera con calma. «Ho già pianificato tutte le spese correnti e ho messo da parte qualcosa».
«Messo da parte?», ribatté la suocera con voce gelida. «Per cosa, se posso sapere?»
«Per una piccola vacanza», confessò Vera. «Io e Oleg non siamo mai andati da nessuna parte».
«Ecco cosa!», sbottò Natalia Sergeevna. «Quindi i soldi per le vacanze ci sono, ma per aiutare la madre di tuo marito no? Ho capito tutto».
La chiamata si interruppe prima che Vera potesse rispondere. Dieci minuti dopo la porta di casa si spalancò con un gran fracasso. Oleg entrò in camera con aria furiosa:
«Ma sei impazzita?! Mia madre ti chiede un prestito e tu le hai detto di no?!»
Vera non sobbalzò neppure. Quella reazione rabbiosa era così prevedibile da non emozionarla. Sempre lo stesso copione: chiamata di Natalia Sergeevna, furia di Oleg, Vera in colpa. Solo che oggi qualcosa dentro di lei si era rotto. Forse la neofita libertà finanziaria, forse la stanchezza di un sacrificio senza fine.
«Perché resti zitta?», sbraitò Oleg, girando per la stanza. «Mia madre dice che le hai rifiutato un prestito. Diceva che era per cure, e tu hai fatto la tirchia!»
«Non sono cure», rispose Vera a bassa voce. «Sono sedute di bellezza».
«Che differenza fa?!», alzò le mani Oleg. «È mia madre! Ha bisogno di aiuto e tu risparmi per le vacanze! Ha bisogno di un’iniezione per stare meglio, e tu… Come osi comportarti così?»
Vera ascoltò in silenzio le accuse di suo marito: tirchia, senza cuore, “non una donna”. Ogni parola feriva, ma dentro di lei si consolidava un nuovo sentimento. Non rabbia, non risentimento, ma come una rivelazione. Una chiarezza sul quadro della loro relazione.
Quando Oleg fece una pausa per riprendere fiato, Vera si alzò senza dire una parola e si avvicinò alla scrivania. Aprì un cassetto e tirò fuori una cartellina ordinatamente ripiegata.
«Che fai?», chiese Oleg confuso.
Senza rispondere, Vera tornò al tavolino dove stava il portatile, accedette al suo conto online e avviò la stampa dell’estratto conto dell’ultimo mese. La stampante ronzò emettendo fogli su fogli.
Riunì tutti i documenti e li dispose sul tavolo di fronte a Oleg: bollette di luce, acqua, gas, internet; scontrini del supermercato; fatture per la riparazione della lavatrice; estratti conto dei prestiti appena estinti.
«Cos’è tutto questo?», domandò Oleg guardando le carte con aria interrogativa.
«È quello che pago», rispose Vera con calma. «Ogni mese. Da sola».
Oleg prese la prima bolletta, poi la seconda, aggrottando la fronte guardando cifre e firme.
«Però anch’io ci metto del mio», balbettò infine. «Qualche volta compro io la spesa».
«Qualche volta», annuì Vera. «Una volta al mese, più o meno. E poi te la mangi quasi tutta, perché prendi solo quello che piace a te».
Vera mostrò un altro foglio: una tabella di spese fatta da lei negli ultimi mesi. La colonna con il nome “Oleg” era visibilmente più corta di quella di Vera.
«Non ti capisco», disse Oleg come colpito. «Conti ogni centesimo? È da sciocchi».
«Da sciocchi?», guardò Oleg negli occhi per la prima volta. «Sai cosa è da sciocchi? Risparmiare sul cibo, lavare vestiti vecchi, non andare al cinema per un anno e mezzo – e poi sentirmi rimproverare perché non ho voluto prestare mille rubli per le iniezioni di tua madre».
«E io…», provò a giustificarsi Oleg. «Lei li chiedeva…»
«Chiede sempre tante cose», tagliò corto Vera. «E tu chiedi sempre a me. E io che dovrei essere, secondo te? Una banca? Un portafoglio? Una vacca da mungere?»
Oleg rimase muto, sbalordito. Non aveva mai visto Vera così ferma e convinta.
«Sai quanti soldi ho messo da parte per la vacanza?», continuò Vera. «Quattromila rubli in un anno e mezzo. A questo ritmo andremo al mare quando saremo vecchi. E comunque sarà un viaggio in treno fino al lago più vicino».
Vera riordinò i documenti e li rimet
tore nella cartellina. Le mani non tremavano, la voce era ferma.
«Non mi dispiacerebbe aiutare tua madre», disse Vera. «Ma guardiamo in faccia la realtà. Natalia Sergeevna prende una pensione, ha un lavoretto. Non spende soldi per l’affitto – l’appartamento è suo. Non ha debiti. Vive meglio di me».
«Cosa dici?», sbottò Oleg, ormai senza lo stesso vigore di prima. «Mia madre non arriva a fine mese!»
«E tu sai quanto costa una seduta di bellezza dal cosmetologo?», sorrise amaramente Vera. «Non mille rubli, te lo assicuro. Più cinque-seimila per seduta. E non è cura, Oleg. È un capriccio».
Oleg crollò sul divano come un palloncino sgonfiato.
«Io… non sapevo che pagassi tutto io», mormorò. «Pensavo che… ci dividessimo».
«Proprio per questo ho deciso di annotare tutto», fece Vera annuendo. «Così non ci sono illusioni».
Lui rimase seduto, confuso: ogni argomento si sfaldava di fronte alla realtà. Oleg era sempre stato convinto che la moglie dovesse occuparsi della casa, provvedere alla famiglia e lui lavorare. Invece Vera faceva tutto: casa, spese, genitori.
«Ascolta», disse infine Oleg. «Ho capito. Dobbiamo cambiare. Cercherò di guadagnare di più, aiuterò di più…»
«Non è solo questione di soldi», scosse la testa Vera. «È questione di rispetto. Sono stanca di essere quella che salva tutti mentre annego. Stanca di essere vista come un portafoglio, non come una persona».
Vera si alzò e si avvicinò alla finestra. Fuori pioveva leggero, le auto passavano con i fari accesi.
«Da oggi», disse senza voltarsi, «ogni bilancio è separato. Ognuno paga per sé. E le spese comuni — metà e metà. Bollette, cibo, prodotti per la casa. Tutto registrato, tutto contabilizzato».
«È un ultimatum?», sentì risuonare Oleg dentro di sé.
«No», si voltò Vera guardandolo con serenità. «È la mia decisione. Tu puoi fare la tua».
«Quale decisione?»
«Per esempio, se per te contano più le iniezioni di tua madre o la serenità di tua moglie», spiegò Vera senza sarcasmo, soltanto constatando i fatti. «Se è la prima cosa, forse dovresti cercare un nuovo cosmetologo. All’anagrafe. Con una nuova moglie».
Oleg balzò in piedi:
«Mi stai minacciando?»
«No», rispose Vera con calma sorprendente. «Sto dicendo che non tollererò più mancanza di rispetto. Né da te né da tua madre. E non finanzierò più i suoi capricci mentre io faccio fatica a far quadrare i conti».
Oleg si accasciò. Non aveva mai visto sua moglie così decisa, e quel cambiamento inevitabilmente suscitò in lui un certo rispetto.
«Va bene», ammise infine. «Proviamo così. Parlerò con mia madre».
«Grazie», fece Vera annuendo. «Apprezzo».
Quella stessa sera Oleg telefonò a sua madre. La conversazione fu difficile: Natalia Sergeevna si offese, accusò il figlio di tradimento, insinuò che “quella tua” lo stesse montando contro di lei.
«Mamma, Vera vuole solo giustizia», intervenne Oleg, rifiutando per la prima volta di cedere alle manipolazioni. «Lavora molto, paga tutto, aiuta i suoi genitori. Solo oggi ho capito quanto si è sacrificata».
«E allora?», sbuffò Natalia Sergeevna. «Ti ho cresciuto da sola, anch’io mi sono sacrificata».
«Lo so, mamma, e te ne sono grato», rispose Oleg con calma. «Ma Vera non è mia madre, è mia moglie. E pretendere che si sacrifichi per noi due è ingiusto».
Natalia Sergeevna non accettò subito le nuove regole. Continuò a telefonare chiedendo soldi, a fare la vittima. Ma Oleg, invece di dire «Chiedo a Vera se ti presta», rispondeva: «Vediamo se possiamo trovare quei soldi nel nostro bilancio».
Il rapporto tra Vera e Oleg cambiò lentamente. Al posto di scoppi d’ira e rimpalli di responsabilità cominciò a emergere qualcosa di simile a un partenariato. Oleg iniziò a notare quanto Vera facesse in casa e a darsi da fare con pulizie e cucina. Perfino trovò un secondo lavoro per aumentare il suo contributo al bilancio familiare.