Lui aveva seppellito sua moglie, ma col tempo rimase sconvolto… perché il suo bambino vide la madre nel viale…

ПОЛИТИКА

— Papà! Papà, e se ci fossero gli squali?! — il piccolo Sasha, sei anni, irruppe in cucina, dove il padre, Nikita, sorseggiava con calma il caffè del mattino.

Il bambino indossava un salvagente a forma di ciambella colorata e stringeva nelle mani una barca a vela radiocomandata e un secchiello con la paletta.

— No, non ci saranno squali, — rispose tranquillamente Nikita. — Ti terrò d’occhio. E poi, ricorda: gli squali non attaccano le persone. Sono solo storie inventate.

— E davvero adesso posso mangiare il gelato tutti i giorni? Tanto farà caldo! Posso?

— Certo che puoi, — sorrise Nikita, sospirò e accarezzò teneramente i capelli del figlio. — Vai, guarda i cartoni, saranno già cominciati.

Sasha corse felice in salotto, mentre Nikita rimase seduto al tavolo a finire il caffè, riflettendo sulle vacanze imminenti. Il viaggio al mare era nei progetti fin da quando era viva sua moglie — la mamma di Sasha — Valeria. Ma non si era mai concretizzato. E poi era diventato impossibile: Valeria era morta in un incidente d’auto.

Il primo anno dopo la sua morte era stato insopportabile, come un incubo senza fine. Il secondo — un po’ più sopportabile, ma comunque pesante. Il dolore non era scomparso: si era solo fatto abituale.

Alcune cose, però, erano rimaste immutate. I genitori di Nikita, che già prima dubitavano del suo matrimonio, ora non cercavano affatto né lui né il nipote. Non mostravano interesse. Nikita non si offendeva: aveva scelto di non arrabbiarsi, ma di accettare la realtà. Continuava comunque a chiamarli, perché li amava ancora. In fondo al cuore sperava che un giorno capissero che Sasha era il loro nipote e gli si aprissero.

Finito il caffè, Nikita aprì il portatile per mettersi in contatto con il lavoro. Lo avevano lasciato andare in ferie, ma con la clausola che, in caso di urgenze, potevano chiedere il suo aiuto. A lui non dispiaceva: da quando, dopo la morte di Valeria, lo avevano trasferito al lavoro da remoto, cresceva da solo il figlio e non aveva bisogno di tate. Restare reperibile non era un problema.

Sasha frequentava l’asilo, ma non sempre. A volte rifiutava categoricamente, e Nikita, che riteneva importante rispettare le scelte del bambino, gli permetteva di “riposare a casa”. Dopo un paio di settimane Sasha tornava a chiedere lui stesso di andare, e ci restava tranquillamente per mesi.

Il volo era previsto nel pomeriggio, quindi la mattina trascorse senza fretta. Nikita controllò le cose del figlio: aveva preparato tutto lui, ma gli permise di farsi una piccola borsa, così imparava l’autonomia. Infine uscirono di casa.

— Oh, per un pelo! — li salutò all’ingresso la vicina Julia, mentre aspettavano il taxi. — Allora, Sasha, pronto per le avventure al mare?

— Pronto! — esclamò il bambino saltellando. — Vieni con noi? Ti prego!

— Purtroppo non posso, al lavoro non mi lasciano, — sorrise Julia, incrociando lo sguardo di Nikita. Lui, naturalmente, non l’aveva invitata in vacanza: non ce n’era motivo. Era solo una buona, gentile vicina.

— Grazie di esserci sempre, — disse Nikita. — Ci aiuti tanto.

— Ma figurati, non è nulla, — rispose lei con imbarazzo.

Julia aveva ventidue anni. Laureata da poco in pedagogia, lavorava proprio nell’asilo che frequentava Sasha. Quattro anni prima si era trasferita in quel palazzo ereditando la casa della nonna. Aveva subito stretto amicizia con Valeria e, dopo la sua morte, con Nikita. Quell’amicizia era diventata un sostegno importante.

— Papà! È arrivata la nostra macchina! — gridò Sasha, saltando ancora più forte dall’entusiasmo.

— Su, si parte, — disse Nikita, caricò i bagagli, mise il figlio nel seggiolino e allacciò le cinture.

— Ciao! Ti porterò la conchiglia più bella! — urlava Sasha agitando le mani.

— Buone vacanze! — li salutò Julia dal marciapiede.

Li guardò andar via con una leggera malinconia. Era felice per loro: pareva stessero finalmente uscendo dall’ombra del dolore. Apprezzava la loro amicizia. Ed è proprio per questo che non aveva mai osato confessare a Nikita di amarlo.